Nel 1441 il territorio di Sansepolcro, nell’odierna Umbria, venne ceduto da papa Eugenio IV alla repubblica di Firenze, a saldo di un vecchio debito del papato verso i Medici. Le commissioni governative incaricate di tracciare la nuova frontiera fra i due Stati commisero un errore. Esse convennero di porre il confine lungo il fiume Rio, un affluente del Tevere. Non si accorsero, però, che dal monte scendevano due torrenti distinti, sostanzialmente paralleli, a poca distanza l’uno dall’altro, ed entrambi denominati “Rio”.
I fiorentini presero un torrente come confine e i papali l’altro, e tali li segnarono nelle loro mappe, lasciando di fatto fuori dagli Stati una striscia di terra di poco più di 300 ettari.
In quella che ora era divenuta per errore terra di nessuno, era situata Cospaia, una frazione del paese di San Giustino.
E quando gli abitanti del borgo si accorsero di non essere inclusi nel territorio nazionale di nessuno Stato, ne approfittarono per dichiararsi, nel febbraio 1441, una repubblica indipendente.
Tra Roma e Firenze la situazione politica era tale che non valeva la pena di impegnarsi per avere quella piccola striscia di terra senza valore strategico, e così ai cospaiesi rimase la loro indipendenza.
I circa 250 abitanti analfabeti della più piccola repubblica del mondo crearono, per il loro Stato indipendente, un ordinamento politico straordinario, e praticamente inimmaginabile al tempo.
Essi decisero di introdurre la libertà totale degli abitanti, nella completa sovranità individuale, non sottoposta ad alcun organo di potere.
La Repubblica di Cospaia, oggi facente parte della provincia di Perugia, non aveva esercito, polizia o carceri, non vi si pagavano tasse. I cospaiesi decisero che nella loro piccola nazione dovesse vigere un’unica legge.
Essi scolpirono quest’unica norma scritta, a perpetua memoria per tutti, sull’architrave della porta della chiesa: “Perpetua et firma libertas”.
La legge di Cospaia, la “libertà perenne e sicura”, venne incisa anche sulla campana del campanile.
I cospaiesi fondarono la loro economia nazionale sulla coltivazione del tabacco, in quanto questa era la coltura più redditizia da esportare.
La loro repubblica durò, governata da quest’unica legge, senza che mai siano stati riportati gravi problemi sociali, ininterrottamente fino al 1826, quando l’infido potere straniero calpestò e distrusse la minuscola repubblica annettendola allo Stato della Chiesa.
Per quasi 400 anni una comunità di alcune centinaia di persone è vissuta pacificamente nella libertà, senza bisogno dell’autorità della legge.
Questo ci insegna che nell’uomo il comportamento morale non nasce dalla paura della legge.
Il senso comunitario è molto più adatto a indurre la gente a vivere rettamente che non le sanzioni imposte dai tribunali.
Tratto dal Manifesto della Sociosofia